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Umiltà e Successo: lo Stile secondo Sophia Loren

Se vi chiedessi chi rappresenta, per eccellenza, la donna italiana nel mondo, a chi pensereste? Donatella Versace, Gina Lollobrigida, Monica Bellucci, o forse Sophia Loren? Una donna che ha attraversato la storia del cinema e della moda italiana, non da spettatrice, ma da protagonista. Una donna il cui solo nome ci riporta all’epoca della Dolce Vita, della pelliccia abbinata al grande occhiale da sole, degli abiti di Dior impreziositi da collane e diamanti, fino agli abiti a tubino, i capelli cotonati, gli occhi dall’allure felina. Una figura slanciata, sinuosa, per cui il termine “osare” significava semplicemente evolversi, eccellere nel presente. Dagli abiti da sera in seta, ai blazer accattivanti, dalla straordinaria collezione di cappelli, ai look “in incognito” per i voli da Londra a Parigi: uno stile esemplare, imitato dalle donne di tutto il mondo – e da stilisti del calibro di Giorgio Armani, che, così come Sofia Sizzi, creò una collezione ispirata proprio a Sophia Loren.

1954: Sophia Loren è la regina del mare. Emilio Schubert, uno dei couturier più noti del tempo, lavorò balze e volant per evocare la superficie delle conchiglie, arricchite da una tiara. Soltanto un anno dopo, lo stilista realizzò l’abito da sposa di Maria Pia di Savoia, la figlia dell’allora re d’Italia Umberto II. Così come Gina Lollobrigida e Ave Gardner, anche la Loren si avvicinò sin da subito a Emilio Schubert, che progettò per lei ben 42 outfit per il suo primo viaggio a Tinsel Town. Leggerissimi foulard, lingerie sognanti, magnifici abiti da grande sera: la palette della collezione spaziava dal rosa al turchese, dallo champagne al bianco, dalla chartreuse al nero – colore preferito dall’attrice, che, però, non voleva di certo passare inosservata o, per di più, risultare monotona.

A soli ventun anni, Sophia Loren partecipò con Il segno di Venere al Festival del Film di Cannes nel 1955. Chilometri di pizzo e tulle culminavano con una pelliccia bianca adagiata sulle spalle e un girocollo in diamanti e zaffiri. Per essere appena entrata nel gioco, il suo portamento e la radiante energia che emanava lasciarono tutti a bocca aperta.

Penso che la domanda “Cosa mi metto?” sia tipica dell’inizio della carriera di ognuno di noi perché si vuole apparire. Ma dopo un po’, sai più o meno come vuoi presentarti. Quindi non ci pensi più: sono quel che sono, che ti piaccia o meno, è troppo tardi per cambiare.

Sophia Loren in un’intervista a Vogue

Lo stile di Sophia Loren non conosce confini. Qui è in procinto di incontrare la stampa londinese per il suo film Il Ragazzo sul Delfino, in un abito che sembra oro liquido. Nel frattempo, il marito e produttore Carlo Ponti era in Italia nel tentativo di spianare le difficoltà del matrimonio per procura.

Il primo incontro con Ponti, di ventidue anni più grande di lei, avvenne agli arbori della sua carriera a Roma, quando un padre di due figlie la notò in un ristorante e, tramite il cameriere, la invitò in un incontro nei giardini, dando il via alla storia d’amore.

Si innamorarono, nonostante lei avesse realizzato che parte dell’appeal di Ponti fosse la sua figura di padre. L’assenza di un padre era stata la rovina crudele dell’infanzia di Sophia, quindi in Ponti trovò un rimpiazzo, un amante, un marito, un astuto manager della sua carriera.

Vanity Fair

Ottenere un divorzio in un Paese tanto conservativo quanto l’Italia si prospettava però impossibile per Ponti, che nel 1957 optò per un matrimonio per procura, effettuato in Messico e non riconosciuto dal Vaticano, anzi condannato.

È in occasione della premier del film La Chiave che Sophia Loren, affiancata dall’attrice Kim Novak, stupì la Grande Mela con la sua intramontabile dolcezza. Il suo desiderio sarebbe stato quello di valorizzare l’abito dallo scollo a cuore con una tiara, una volontà tanto apparentemente accettabile, quanto controversa.

Ero giovane e volevo vedere l’effetto che avrebbe fatto indossare una tiara. Purtroppo, mi dissero con insufficiente anticipo che in presenza della Regina non si può indossare una tiara: lei è l’unica a poter indossare una corona. Non comportò uno smacco alla Regina stessa, perché lei è molto intelligente. Ma fece pubblicità, che era ciò che il produttore del film voleva.

Secondo l’etichetta reale, nessun tipo di corona poteva essere indossata al cospetto di un membro della casa reale. La Regina non sembrava essere infastidita da ciò, ma il giorno successivo i giornali si trovarono impegnati nel pubblicare alcuni dei titoli più impressionanti e creativi.

Sophia Loren

Ma la tiara non è l’unico accessorio per cui Sophia è annoverata fra le icone di stile più influenti di sempre. L’attrice costruì, negli anni, una collezione di cappelli e copricapi, per la stragrande maggioranza creazioni di Jean Barthet, la modista più facoltosa di Parigi, tanto da sbaragliare in toto la concorrenza negli anni Sessanta. Basti pensare che, nel 1961, ne mise trenta in valigia per il Festival di Cannes. Riguardo ai cappelli possedeva, per altro, una netta opinione. Nel 1958 fece parlare di sé quando si rifiutò di indossare un cappello alla premier newyorkese di Amori e Imbrogli (The Matchmaker).

Durante gli anni Sessanta, le mise di Sophia erano governate dalle nuance pastello. I suoi meravigliosi abiti erano firmati personalmente da Valentino, Dior e Cristòbal Balenciaga. Di quest’epoca ricordiamo, così come gli outfit, l’iconico make-up felino – che l’attrice si faceva da sola –, il cat eye ancora oggi emulato da celebrità e guru del make-up. Essendo cresciuta in una circostanza di estrema povertà, il primo approccio della diva al trucco a Pozzuoli – poco fuori da Napoli – fu quando applicò dei petali di geranio sulle sue labbra.

Questa decade è segnata dall’indimenticabile scena in lingerie del film La Miliardaria: filo di perle, guanti bianchi di seta e costumi creati da Pierre Balmain. Costumi che, sessant’anni dopo, rimangono carichi di una rilevanza storica e culturale. Alla fine delle riprese, infatti, i costumi vennero condivisi con il team di produzione, fra cui una giovane donna britannica, la segretaria di produzione, che si aggiudicò il vestito in seta color salmone, una négligé in seta e pizzo e un abito da giorno color crema con un cappello abbinato. Tutte creazioni di Balmain, che la giovane indossò per circa vent’anni. Soltanto decenni dopo, nel 2016, il vestito color salmone è stato battuto all’asta al Duke’s Auctioners of Dorchester per 10.000 pound.

Era invece il 1969 quando la diva indossò a Monte Carlo un elaboratissimo copricapo con una struttura in oro di cinque chili, decorato da campanelline. Un accessorio che fece strabuzzare gli occhi persino a Grace Kelly, presente all’evento.

Loren catturò alla perfezione i cambiamenti introdotti dagli anni Settanta. Si conformò con il suo stile inconfondibile alla tendenza Mod: un mini-dress floreale con go-go boot abbinati per il film La Femme du Pretre (La Moglie del Prete). Uno stile indubbiamente iconico, ma comunque pesantemente criticato – persino giudicato come il peggiore di quell’anno. Critiche che non mancarono anche durante il decennio successivo, un’epoca di eccessi che sfociarono nell’abito arancione maculato ispirato ai Flintstones del 1988. È proprio in occasione di Mamma Lucia (The Fortunate Piligrim) che la Loren si apre riguardo al rapporto con la madre e, in generale, con la terra natale.

Quello di Sophia Loren è uno stile impregnato di umiltà, che spesso portava l’attrice a stupirsi dei titoli a lei attribuiti, come quello ricevuto ai CFDA Fashion Award nel 1999, una celebrazione del glamour della sua intera carriera. Dalla sensualità che la caratterizzava al ruolo di vera e propria musa ispiratrice per Valentino e Gianni Versace.

Veste, invece, Giorgio Armani Privé durante gli Academy Awards, una meraviglia dorata carica di eccellenza e volant. Il suo rapporto con lo stilista nacque a Parigi, quando lui ancora lavorava con Nino Cerruti. La chimica fu travolgente: Loren sedette per anni in prima fila alle sfilate di Prada, fino a diventare negli anni Novanta una delle figure portanti del marchio e a scegliere Prada sia per il red carpet che per i look di tutti i giorni.

Daniele Conforti